L’importanza della vita prenatale

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“Tra la vita intrauterina e la prima infanzia vi è molta più continuità di quel che non ci lasci credere l’impressionante cesura dell’atto della nascita.” (S.Freud, 1925)

La tendenza a rifiutare la possibilità di una continuità esistenziale tra il periodo prenatale e l’Io adulto ha iniziato a modificarsi soltanto all’inizio del ventesimo secolo in cui non solo si è iniziato a dare valore alle primissime esperienze infantili che forgiano e plasmano il carattere dell’individuo, ma a dare importanza al feto capace di vivere sensazioni ed emozioni all’interno del corpo materno.

D.W. Winnicott fu tra i primi ad evidenziare come i vissuti legati al periodo trascorso nell’utero materno siano fondamentali per il successivo sviluppo psichico del bambino. L’utero materno è il primo ambiente con il quale il nascituro entra in contatto facendo esperienza di tutti gli stati emotivi e psicologici sperimentati dalla madre.

Per Thomas Verny l’utero non è solo la prima culla per il bambino ma è anche il suo primo vero mondo, e il modo in cui lo sperimenta incide sulla formazione della sua futura personalità.
Se sarà un ambiente caldo, affettuoso e pieno di stimoli, allora il bambino avrà molte possibilità di sviluppare una sana fiducia verso se stesso e gli altri. Se invece l’utero sarà vissuto come un ambiente ansioso, freddo e scarsamente comunicativo, allora il bambino potrà sviluppare insicurezza distacco e diffidenza verso il mondo esterno.

Secondo lo psicoanalista ungherese Sandor Ferenczi lo sviluppo di sentimenti di onnipotenza e di gioia deriverebbe da condizioni prenatali favorevoli. E’ durante la gestazione che si costruiscono le fondamenta per lo sviluppo fisico e psichico dell’essere umano condizionando a cascata l’andamento di tutte le fasi successive della sua vita.

Se, nel corso degli ultimi decenni, in Occidente abbiamo imparato ad essere più attenti alla particolare sensibilità e ricettività del nascituro, nonché alla sua capacità di relazionarsi con l’ambiente ancora prima del suo concepimento , in altre culture questa concezione è sempre stata presente.

Lo stesso Aristotele oltre duemila anni fa aveva capito l’importanza della vita intrauterina: “lo spirito della madre deve rimanere in completa rilassatezza, perché i bambini sono influenzati dalla madre che li porta, come le piante della terra”. Le gestanti devono pertanto liberare la mente da pensieri tristi in quanto il bambino assorbe tutto dalla madre, proprio come una pianta nutrita dalla terra nella quale germoglia.

In alcune culture primitive, ci dice Ludwig Janus, ad esempio nella cultura degli Mbuti nel Congo, le gestanti negli ultimi mesi di gravidanza hanno l’abitudine di andarsene da sole nella foresta a cantare la ninna-nanna al proprio figlio che considerano già come un essere pensante in grado di sentire e di percepire. In questi canti la donna non utilizza parole automatiche prive di senso, ma al contrario sono parole che descrivono il mondo fisico e sociale che accoglierà il bambino quando verrà al mondo.

Nel Gabon, secondo la cultura degli indigeni, la coppia genitoriale durante la gravidanza, non deve pronunciare parole volgari o anche sgradevoli, perché tutte le parole volgari entrano nella vagina e nutrono il piccolo di cattivi pensieri…
Non solo le loro parole ma anche una irritabilità eccessiva, reazioni spropositate, gridare ad alta voce influenzano il nascituro che è dotato di capacità percettive ed emotive.

Ma questi, diremmo noi, non sono che rituali magici…

Bibliografia

L. Janus, Come nasce l’anima. La nostra vita psichica prima e dopo la nascita, Ed. Mediterranee, Roma 1997
D.W.Winnicott, Dalla pediatria alla psicoanalisi. Patologia e normalità nel bambino. Un approccio innovatore, Ed.Martinelli, 2001

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