Il bambino desiderato?

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“Il bambino è così straordinariamente e indissolubilmente vincolato all’atteggiamento psicologico dei genitori, che non sorprende che la maggior parte dei disturbi nervosi dell’età infantile siano riconducibili a una dimensione psicologica familiare disturbata” (C. G. Jung, 1999).

Ogni bambino viene accolto in questo mondo dai genitori con i più svariati sentimenti, alcuni molto complessi che possono segnare il figlio in modo permanente. Molti genitori si aspettano che i figli soddisfino alcuni loro bisogni, ambizioni e desideri personali, riparando così illusoriamente situazioni fallimentari precedentemente vissute.

Per Daniel Stern, questi sono alcuni tra i progetti più comuni che le madri e i padri possono costruire per il nascituro:

Amore incondizionato
Molti genitori nella loro infanzia possono essere stati amati dai propri genitori non in base a quello che erano ma in base a quello che facevano. Per conquistare l’affetto dei genitori, erano costretti a conseguire risultati eccellenti a scuola, a riscuotere successi a livello sociale, atletico o musicale. Un genitore di questo tipo potrà riporre nel figlio la speranza che lui possa amarlo in maniera incondizionata. Per il genitore potrebbe essere una sorta di riparazione al suo passato ma il figlio potrebbe incontrare grosse difficoltà nel naturale processo di maturazione.
Il bambino come sostituto
Una donna che ha vissuto la perdita di una persona cara molto amata prima della nascita del figlio, può vedere in quest’ultimo una sorta di sostituto di chi le è venuto a mancare, caricando così il bambino di aspettative molto cariche emotivamente tali da non permettergli una sana individuazione.
Il bambino come antidepressivo
Una madre può aver avuto da sempre una tendenza alla depressione e spera che con la nascita del bambino tutto possa cambiare, ma in realtà può emergere ancora più prepotentemente lo stato depressivo. Il bambino può fungere in questi casi da antidepressivo: la madre, inconsapevolmente, usa il bambino per sentirsi amata e coinvolta nella vita.
Benché la depressione non possa essere considerata propriamente una forza attiva, plasma potentemente la personalità del bambino piccolo. Per il bambino, infatti, essa è una forza attiva, che imprime alla sua vita una direzione negativa per l’assenza di risposte positive alla sua persona e alle sue azioni.
Il bambino come funzione vicaria
In alcuni genitori si registra la tendenza a desiderare che i figli vivano alcune delle esperienze che per loro sono state gratificanti imponendosi in maniera fortemente invasiva nella loro vita.
Collante o minaccia?
In alcuni casi, genitori che vivono sin dai primi anni della loro convivenza disaccordi e crisi importanti di relazione, possono riporre nel bambino la speranza che agisca da collante per mantenere unito per sempre il matrimonio. Un coniuge che in questo caso teme che il partner possa abbandonarlo, può utilizzare il figlio come arma di ricatto verso l’altro.
La famiglia perfetta
Avere aspettative e idealizzazioni verso un matrimonio perfetto, può portare alcune madri e padri alla convinzione che il nuovo nato faccia raggiungere al matrimonio un più alto livello di armonia e di soddisfazione: mancava solo la nascita del bambino per raggiungere la famiglia perfetta!
Un agente di mobilità sociale
Alcuni genitori possono essere concentrati quasi esclusivamente sulla realizzazione sociale del figlio. Se il figlio proseguirà negli studi, farà un ottimo matrimonio, diventerà molto ricco, riuscirà in tal modo a migliorare la posizione sociale dell’intera famiglia. Questa attitudine può inevitabilmente portare il genitore a trascurare interi aspetti della personalità del figlio, le sue reali inclinazioni, i suoi talenti innati, la sua vita emotiva che rimane inascoltata a vantaggio dello sviluppo di un falso Sè.

Bibliografia
Daniel N. Stern e Nadia Bruschweiler-Stern, Nascita di una madre. Come l’esperienza della maternità cambia una donna. (Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1999)
Carl Gustav Jung, Opere vol. XVII: Lo sviluppo della personalità (Boringhieri editore, 1999).

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